Medellín mi è entrata dentro. Mi ha lasciato la voglia di ritornare e di conoscerla meglio, per farmi raccontare ancora del cambiamento culturale e sociale degli ultimi 50 anni, per ascoltare i Paisa parlare con il loro modo dolce e lento, per riprendere il metro cable e osservare di nuovo i barrios populares sospesa nell’aria e poi scendere a Santo Domingo, mangiare in uno dei ristoranti sulla strada, prendere un caffè alla bancarella giusto fuori alla stazione, conoscere chi ci abita e poi tornare a casa e scrivere le loro storie.
Medellín è un soffio che ha spazzato via la vita di tantissimi e tantissime, è un susseguirsi di quartieri marrone chiaro (per i mattoni non imbiancati delle case), di fatalismo esistenziale per chi si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, di bambin* cresciut* imparando a riconoscere le diverse armi da fuoco e cercando di non calpestare i corpi dei loro coetanei, genitori, amici.
Medellín è stato terreno di guerra, di sperimentazione e corruzione politica, di invasione e dominazione continua, di occupazione paramilitare, di giochi di potere e di sopraffazione economica e culturale.
Ma Medellín è anche la possibilità di riscrivere la propria storia, racconta Evelin, una splendida giovane donna, abitante e guida della Comuna 13, di raccontare sui muri quello che è successo per ricordarlo e non permettere che riaccada. La Comuna 13 fa di questo un manifesto, attraverso i graffiti testimonia le atrocità perpetuate dal governo colombiano: l’assalto al quartiere, l’assassinio di migliaia di innocenti maledettamente coinvolti e la trappola in cui sono caduti i falsi positivi, i campesinos tratti in inganno con la scusa di offrir loro un lavoro, vestiti come guerrilleros, uccisi a cuore aperto sulle montagne intorno alla città, scomparsi e sepolti nell’enorme fossa comune vicino al quartiere El Salado della Comuna 13.
Medellín è natura costante che emerge tra una casa e l’altra, anche nei quartieri più infami dove non trova spazio la tranquillità, ma dove il verde sembra restituire un po’ di ossigeno a chi ogni giorno deve lottare per sopravvivere.
Medellin è molto altro, credo che ci tornerò.
Se andate a Medellín:
La maggior parte dei gringos, europei, nord americani e turisti vari alloggiano, mangiano, consumano ed escono al Poblado, un quartiere molto tranquillo, nuovo, con più di 400 posti letto e svariati ristoranti e bar. Ci sono dei murales e un centro culturale, ma non c’è granché d’altro e non è Medellín, il cui centro è la vera anima. Mercati informali, grandi piazze e chiese dalle architetture più strane, cibo a ogni angolo, caos, musica, strade in subbuglio, precarietà e pesantezza, commercio ed enormi file per prendere i trasporti pubblici e tornare a casa nella zona nord.
Per la prima sera consiglio comunque, per facilità, di andare al Poblado (ostelli: El alternativo, Casa Kiwi), esplorare poi la città e scegliere un ostello più centrale, da dove vi potrete muovere molto comodamente grazie alla efficientissima metropolitana e al metro cable che vi porta in cima alle colline della valle di Medellin.
Un’esperienza bellissima è prendere il metro cable fino al Parque Arvi, completamente immerso in una riserva naturale, e fare uno dei sentieri consigliati. Si può anche fare campeggio in un’area dedicata (contattare Wilson sulla pagina facebook Camina Permacultura).
Comuna 13: fate il tour con Evelin in spagnolo e con il suo collega in inglese (scrivetemi per il numero).
...e come sempre andate a magnare a ogni angolo !!!
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Medellín got me. It gave me the desire to come back and get to know it better, to let people to tell me more about the cultural and social change of the last 50 years, to listen to the Paisa people talk in their sweet and slow way, to take the metro cable and observe the barrios populares again, suspended in the air, get off in Santo Domingo, eat in one of the restaurants on the street, have a coffee at the stall just outside the station, get to know who lives there and then go home and write their stories.
Medellín is a spear that has swept away the lives of many people, it is a succession of light brown neighborhoods (for the unbleached bricks of the houses), of existential fatalism for those who found themselves in the wrong place at the wrong time, of children who grew up learning how to recognize the different firearms and trying not to step on the bodies of their peers, parents, friends.
Medellín has been a field of war, of experimentation and political corruption, of invasion and continuous domination, of paramilitary occupation, of power abuse and economic and cultural oppression.
But Medellín is also the possibility to rewrite one's own story, Evelin says, a splendid young woman, inhabitant and guide of Comuna 13, to tell on the walls what happened to remember it and not allow it to happen again. Comuna 13 makes out of this a manifesto, through graffiti it testifies to the atrocities perpetrated by the Colombian government: the assault to the neighborhood, the murder of thousands of innocently damned involved people and the trap in which the false positives have fallen, the campesinos taken in deception with the excuse of offering them a job, dressed up as guerrilleros, killed in the mountains around the city, disappeared and buried in the huge mass grave near the Salado neighbourhood of Comuna district 13.
Medellín is a constant nature that emerges between one house and another, even in the most terrible neighborhoods where there is no space for peace, but where the green seems to give back some oxygen to those who must struggle to survive every day.
Medellin is so much more, I think I'll be back.
If you go to Medellín:
Most of the gringos, Europeans, North Americans and various tourists stay, eat, consume and leave in the Poblado, a very quiet, new neighborhood with more than 400 beds and various restaurants and bars. There are murals and a cultural center, but there is not much else and it is not Medellin, of which the center is the true soul. Informal markets, large squares and churches with the strangest architecture, food at every corner, chaos, music, streets in turmoil, precariousness and heaviness, commerce and huge lines to take public transport and go home to the north.
For the first evening, however, I recommend, for ease, to go to Poblado (hostels: El alternative, Casa Kiwi), then explore the city and choose a more central hostel, from where you can move very comfortably thanks to the highly efficient metro and cable metro which takes you to the top of the hills of the Medellin valley.
A beautiful experience is to take the metro cable to Parque Arvi, completely immersed in a nature reserve, and take one of the recommended paths. You can also go camping in a dedicated area (contact Wilson on the facebook page Camina Permacultura).
Comuna 13: take the tour with Evelin in Spanish and with his colleague in English (write me for the number).
....and as always, eat at every corner!!!
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